Recensione: “Raven boys”, di Maggie Stiefvater

Venerdì finalmente e puntuale come il raffreddore e l’influenza invernali, la recensione di oggi! Un libro che mi ha particolarmente colpita, mi ha spinta ad amare un’autrice e quindi a voler divorare tutto quello che ha scritto e dato nuovamente fuoco alla passione per la Bretagna e tutto ciò che ne è collegato. Mannaggia a te, Maggie!

anteprima-the-raven-boys-di-maggie-stiefvater-L-2C4iWFTitolo: Raven boys
Serie: The Raven boys #1 
Autrice: Maggie Stiefvater
Traduttore: Marco Locatelli
Editore: Rizzoli
Anno: 2013
Pagine: 468

È la vigilia di San Marco, la notte in cui le anime dei futuri morti si mostrano alle veggenti di Henrietta, Virginia. Blue, nata e cresciuta in una famiglia di sensitive, vede per la prima volta uno spirito e capisce che la profezia sta per compiersi: è lui il ragazzo di cui s’innamorerà e che è destinata a uccidere. Il suo nome è Gansey ed è uno dei ricchi studenti della Aglionby, prestigiosa scuola privata di Henrietta i cui studenti sono conosciuti come Raven Boys, i Ragazzi Corvo, per via dello stemma della scuola, e noti per essere portatori di guai. Blue si è sempre tenuta alla larga da loro, ma quando Gansey si presenta alla sua porta in cerca di aiuto, pur riconoscendolo come il ragazzo del destino non può voltargli le spalle. Insieme ad alcuni compagni, Gansey è da molto tempo sulle tracce della salma di Glendower, mitico re gallese il cui corpo è stato trafugato oltreoceano secoli prima e sepolto lungo la “linea di prateria” che attraversa Henrietta. La missione di Gansey non riguarda solo un’antica leggenda, ma è misteriosamente legata alla sua stessa vita. Blue decide di aiutare Gansey nella sua ricerca, lasciandosi coinvolgere in un’avventura che la porterà molto più lontano del previsto.

Certe volte mi ritrovo ad aprire dei libri senza aver idea di quanto mi appassioneranno, pur essendo in qualche modo attratta dalla trama, dei libri che sembrano non avere niente di più di un classico young adult, mia croce e delizia ormai, e invece si rivelano essere quanto di più lontano. Così è Raven boys, che si apre con le basi ya e con la consapevolezza di Blue di non dover mai baciare il suo vero amore perché sarà causa della sua morte e quindi dalla sua scelta di non legarsi mai a nessun ragazzo consapevolmente, per poi prendere un’altra strada, quella che non ti aspetti: ci si allontana dal romance sempre più, pagina dopo pagina, per infittire il mistero dei sentieri funebri, le linee di prateria sulle quali è possibile, per la madre di Blue e le altre veggenti, entrare in contatto con gli spiriti dei futuri morti. La trama si inonda così di magia e paranormale, in maniera così naturale e senza forzature da non far storcere il naso ma, anzi, prendere e riportare di peso il lettore alla corte di re Artù. Con una reinterpretazione storica degna di nota e dei tratti gotici che non possono non richiamare atmosfere tipiche della Gran Bretagna sette/ottocentesca, la Stiefvater mi ha costretta a infilarmi tra le sue righe come non solo una spettatrice, ma come parte dell’azione, e di azione ce n’è tanta.
Indubbiamente ciò che rende assolutamente imperdibile questo libro sono i suoi protagonisti, i ragazzi corvo, decisamente coinvolgenti; quattro ragazzi differenti ma legatissimi l’un l’altro, disposti a tutto pur di aiutarsi vicendevolmente: Gansey, un po’ il leader, il capitano di una sgangherata banda alla ricerca del cadavere del re Glendower, e del potere che ne deriva; Adam, la dolcezza in carne e ossa, tanto tenero quanto ostinato nel voler camminare con le proprie gambe, senza l’appoggio altrui; Roman, la testa calda, taciturno e pieno di sarcasmo, maschera perfetta per celare le emozioni; e Noah, una presenza tanto silenziosa quanto fondamentale per tenere uniti gli altri. Questi quattro condividono un’amicizia così bella e pura che è stato impossibile trattenere la commozione in alcuni momenti. 

Gansey e Adam ebbero una specie di conversazione privata con gli occhi. Era il genere di scambio che Blue riusciva a cogliere tra sua madre e Persephone o Calla, ma non aveva mai pensato che altri potessero esserne capaci. Questo la fece sentire stranamente gelosa; anche lei avrebbe voluto condividere qualcosa di simile, un legame tanto forte da trascendere le parole.

Si finisce per entrare a far parte dei ragazzi corvo, affascinati immediatamente come Blue, che, nonostante gli sguardi cupi della madre e le chiacchiere di paese, che mettono in guardia dai ricchi studenti della Aglionby, non può non seguirli nelle loro avventure, aiutarli, imparare a capirli. Del gruppo, effettivamente, è proprio lei quella che rimane un po’ più in sordina; taciturna, abituata ad essere estromessa dalle attività preveggenti della sua famiglia e incapace di capire quale sia il suo scopo nella vita, se non riesce come le sue parenti a mettersi in contatto con chi non c’è più, la si vede agire nell’ombra, timidamente come quando Adam ne sfiora le dita e non riesce a non ritrarle spaventata, ma sempre più caparbiamente per proteggere la vita a chi sa che finirà per uccidere. Blue è uno “strumento” altrui, prima di sua madre e delle sue amiche, che la usano per amplificare i propri poteri durante le sedute, poi del gruppo nel quale entra in punta di piedi e che finisce per vederla attiva e parte integrante di una vicenda in cui le cose succedono rapidamente ma non si vien bombardati di notizie in maniera fastidiosa.

Non le interessava predire il futuro della gente, voleva soltanto fare di tutto per trovare il suo.

Ingrana lentamente, così lentamente che viene voglia al primo capitolo di abbandonarlo sotto un cumulo di macerie e non azzardarsi mai a prenderlo ma, superato lo scoglio del trovarsi nel bel mezzo dell’azione e di una realtà in cui la preveggenza è data per scontata ma senza che qualcosa ci venga esposto esplicitamente, si finisce immersi nel mondo che la Stiefvater dipinge in maniera così perfetta da non far rimpiangere nemmeno per un secondo lo sforzo dovuto al non capirci granché all’inizio. Indizio dopo indizio, piccole scoperte che sembrano condurre il gruppo al ritrovamento del cadavere di Glendower, li seguiamo nei loro spostamenti, li vediamo affrontare pericoli più grandi di loro, situazioni che nessun ragazzo della loro età dovrebbe vivere, e restare uniti, perché quella è in fondo la loro forza. Raven boys è infatti un romanzo sull’amicizia maschile, di quelle epiche ed eroiche, come solo le azioni quotidiane dell’aiutare un amico, diventato un fratello, in difficoltà riescono ad esserlo, di quelle che non hanno bisogno di parole per essere comprese e di una lealtà che spesso io da ragazza mi sono trovata a invidiare al genere maschile. Ed è per questo che non vedo l’ora di leggere il seguito e scoprire come la variabile Blue sconvolga ancora di più gli equilibri precari eppure stabili del piccolo mondo di Gangsey, Adam, Roman e Noah. Voglio un po’ di sano romance, Maggie, me ne basta un pizzico, ma il triangolo no, non lo considerare.

Voto: ❤❤❤❤❤

2 pensieri su “Recensione: “Raven boys”, di Maggie Stiefvater

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